Ricette e racconti spontanei

Ricette e racconti spontanei (9)

Giovedì, 25 Gennaio 2018 01:00

Insetti? Ecco perche' sono sicuri

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Gli insetti edibili al centro delle discussioni anche sui social ma le norme garantiscono la loro sicurezza.
Sono un curioso alimentare
, assaggio quasi tutto e mi piace provare cucine di ogni genere. Non posso pretendere di convincervi ad assaggiare gli insetti (cosa che io ho già fatto) ma posso assicurarvi una cosa: gli insetti sono sicuri come tutti gli altri cibi acquistabili online e offline. D'altronde non parliamo propriamente del primo caso di "nuovo alimento" per noi. Altri esempi, ben più famosi, sono pomodori, banane, frutti tropicali, riso, mais e una vasta gamma di spezie. A ciò si aggiunga che l'uso di insetti come fonte di alimentazione ha, potenzialmente, importanti benefici per l'ambiente, per la sicurezza della disponibilità alimentare e per l'economia. Non si possono, infatti, ignorare due aspetti: quello nutrizionale e quello ambientale.
Aspetti nutrizionali

Gli insetti sono una fonte particolarmente importante di cibo nutriente. Forniscono, infatti, proteine, amminoacidi e acidi grassi mentre il contenuto di grassi può variare tra 7 e 77 g ogni 100 g di peso secco. Anche il contenuto di micronutrienti e fibre è particolarmente elevato.


Aspetti ambientali

Anche dal punto di vista ambientale gli insetti costituiscono una importante novità. Il primo aspetto rilevante è quello relativo al consumo del suolo. Gli insetti, infatti, hanno un'efficienza di conversione nutrizionale decisamente superiore rispetto alla carne di manzo e utilizzano meno acqua. Per efficienza di conversione nutrizionale si intende il rapporto tra cibo e massa. In media, gli insetti possono convertire 2 kg di cibo in 1 kg di massa, laddove un bovino necessita 8 kg di cibo per produrre l'aumento di 1 kg di peso corporeo. Il secondo aspetto da tenere in considerazione, invece, è quello relativo alle emissioni di gas serra. Dalle ricerche FAO, infatti, è emerso che le emissioni di gas a effetto serra sono minori rispetto ai tradizionali allevamenti animali, con una media di un 1 g su un 1 kg di peso rispetto ai 1300 grammi dei suini e ai 2850 dei bovini.
Se anche queste argomentazioni non dovessero bastare, ecco qualche buon motivo giuridico per credermi.

Novel Food - Insetti - Diritto di Gusto di Elio Palumbieri

Cosa sono i "novel foods"?

Gli insetti costituiscono, tecnicamente, "nuovi alimenti" o "novel foods". Anzi, più precisamente, qualsiasi alimento che non sia stato consumato in modo significativo prima del maggio 1997 è da considerarsi come nuovo alimento. La categoria, in effetti, è abbastanza ampia: vi rientrano alimenti da nuove fonti, alimenti totalmente nuovi e nuove modalità e tecnologie di produzione degli alimenti.
Qual è il procedimento da seguire per commercializzarli?

Ebbene, in base alle norme attualmente vigenti, il ruolo di "garante" dei nuovi alimenti viene affidato alla European Food Safety Authority (EFSA) o Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Questa, in particolare, è tenuta a svolgere una valutazione scientifica del rischio. Tale valutazione è basata sui fascicoli forniti alla Commissione Europea dai richiedenti, contenenti informazioni sul processo produttivo dell'alimento, sugli usi proposti, sul livelli di utilizzo nonché dati sulle caratteristiche nutrizionali, di composizione, tossicologiche e allergeniche dell'alimento. Nel caso specifico degli insetti, inoltre, sarà necessario provare l'impiego sicuro di questi in almeno un Paese al di fuori dell'Unione europea per un periodo di almeno 25 anni.

Ora, pochi giorni fa il Ministero della Salute ha emanato una nota informativa in merito all'uso di insetti in campo alimentare, specificando che, in mancanza della specifica autorizzazione, in Italia non è ammessa alcuna commercializzazione di insetti.

Novel Food - Insetti - Diritto di Gusto di Elio Palumbieri
Il primo parere dell'EFSA

L'EFSA, tuttavia, sulla sicurezza degli insetti si è già espressa nell'ambito di un parere fornito a supporto del progetto della Commissione Europea volto allo sviluppo di politiche in materia di nuovi prodotti alimentari. L'Autorità, in particolare, basandosi sulla letteratura scientifica, su valutazioni effettuate dagli Stati membri e su informazioni fornite da parti interessate, ha evidenziato come i pericoli biologici e chimici derivanti da insetti possano dipendere da:

  • i metodi di produzione;
  • ciò con cui gli insetti vengono nutriti;
  • la fase nel ciclo di vita nella quale gli insetti vengono raccolti;
  • la specie di insetti;
  • i metodi utilizzati per la loro successiva trasformazione.

Tale elenco, per quanto esteso, non differisce da quello relativo ai pericoli correlati ad altri alimenti. L'EFSA, infatti, ha concluso che quando gli insetti vengono nutriti con sostanze autorizzate, la potenziale insorgenza di pericoli microbiologici è prevedibilmente assimilabile a quella associata ad altre fonti di proteine non trasformate.

In conclusione, quindi, pur dovendosi ritenere già provata la sicurezza di questo nuovo alimento, dovremo ancora aspettare un po' per vedere gli insetti sugli scaffali dei nostri supermercati. La "trafila burocratica", infatti, deve essere portata a conclusione e i tempi potrebbero non essere brevi: la Commissione Europea dovrà autorizzare la commercializzazione di ogni prodotto e razza di insetto edibile.

Immagine di copertina - Credits: shankar s. su Flickr (CC BY 2.0)

 

Venerdì, 05 Gennaio 2018 01:00

Home restaurant: cos'e' e come si avvia

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Chi ama cucinare avrà pensato, almeno una volta nella vita, di aprire un ristorante. Bene, l'evoluzione dei mercati e, in particolare, la sharing economy hanno portato anche nel nostro paese l'idea dell'home restaurant (letteralmente: ristorante a casa).
Alla base di questo fenomeno c'è il desiderio del padrone di casa di cucinare per estranei per una sera: questi, infatti, somministra cibi e bevande a persone che non conosce e che, con tutta probabilità, non si conoscono tra loro. Spiegati questi aspetti è il momento di analizzare gli elementi giuridici
posti alla base di questo tipo di attività.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Home restaurant
Partiamo da un appunto tutt'altro che irrilevante: in Italia la situazione è particolarmente complessa, infatti nel nostro ordinamento vi è ancora un vuoto normativo che ha portato a scontri particolarmente accesi. Da un lato i ristoratori si lamentano perché gli home restaurant
, in sostanza, somministrano cibi e bevande senza le necessarie autorizzazioni e senza essere sottoposti ai normali controlli. Dall'altro lato chi intende sfruttare questa opportunità lamenta la mancanza di regole e, quindi, l'impossibilità di investire seriamente.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Home restaurant
In attesa delle nuove norme, non ci resta che fare chiarezza e vedere sui passaggi essenziali per avviare, oggi, un home restaurant:

  • in primo luogo è necessario compilare un nuovo modulo unico SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Tale modulo, in cui vanno indicati dati come l'indirizzo dell'abitazione, la sua grandezza e la eventuale presenza di un parcheggio, va presentato al Comune in cui si intende svolgere l'attività di home restaurant;
  • occorre, inoltre, compilare il modulo ComUnica Camera di Commercio che è obbligatorio nel caso di presentazione del SCIA. Questo modulo è indispensabile per aprire partita IVA, posizione INPS e INAIL;
  • il terzo elemento necessario riguarda il possesso dei requisiti morali e professionali necessari. In sostanza, occorrerà dimostrare di avere un diploma inerente all'attività che si intende svolgere (e.g. istituto alberghiero), di aver frequentato un corso SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande) per la somministrazione di alimenti e bevande oppure di aver lavorato per almeno due anni degli ultimi cinque nella ristorazione;
  • sempre più frequentemente, anche per l'home restaurant, bisogna dotarsi di un piano HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), volto a garantire l'igiene e la sicurezza dei prodotti somministrati;

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Home restaurant

  • infine è necessario garantire che la propria abitazione possegga tutti i requisiti strutturali e funzionali necessari allo svolgimento dell'attività di home restaurant. Si tratta di predisporre impianti a norma, garantire il corretto imballaggio e conservazione degli alimenti, di utilizzare la canna fumaria ecc.

In altre parole, l'attività di home restaurant, come quella già analizzata nell'articolo sulla microimpresa domestica alimentare, può sicuramente rappresentare una buona opportunità per chi intende fare della cucina qualcosa in più di una passione ma, ad oggi, le norme non sono certo favorevoli. Fino a quando non entrerà in vigore una legislazione specifica, il consiglio è quello di dotarsi di tutte le necessarie precauzioni e non risparmiare sugli investimenti in igiene e sicurezza.

In Italia vi sono circa 8 milioni di allergici. In questo articolo vedremo come e dove è possibile trovare, all'interno di un ristorante o di un bar, informazioni circa i prodotti che causano allergie o intolleranze.

Come abbiamo avuto modo di vedere in questo articolo, il regolamento 1169/2011 prevede le disposizioni inerenti alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. La norma in questione riguarda tre aspetti fondamentali: la presentazione e la pubblicità degli alimenti, l'indicazione dei principi nutritivi e l'informazione sulla presenza di ingredienti che possono provocare allergie. Per quanto qui rilevante, è importante evidenziare che dalla lettura degli articoli:

  • Art. 9 - Elenco delle indicazioni obbligatorie;
  • Art. 21 - Etichettatura di alcune sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze;
  • Art. 44 - Disposizioni nazionali per gli alimenti non preimballati;
  • Allegato II - Sostanze e prodotti che provocano allergie.

emerge l'obbligo di indicare la presenza dei cosiddetti allergeni negli alimenti, anche nel caso in cui questi siano somministrati in ristoranti o bar.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Allergeni
In particolare, si definiscono allergeni
quegli ingredienti o sostanze che, se ingeriti, possono determinare allergie e/o intolleranze nei consumatori.
Il regolamento, quindi, si preoccupa di indicare tassativamente questi alimenti. In particolare, vengono menzionati:

  1. Cereali contenenti glutine, cioè: grano, segale, orzo, avena, farro, kamut o i loro ceppi ibridati e prodotti derivati;
  2. Crostacei e prodotti a base di crostacei;
  3. Uova e prodotti a base di uova;
  4. Pesce e prodotti a base di pesce:
  5. Soia e prodotti a base di soia;
  6. Latte e prodotti a base di latte (incluso lattosio);
  7. Frutta a guscio, vale a dire: mandorle, nocciole, noci, pistacchi e i loro prodotti;
  8. Sedano e prodotti a base di sedano;
  9. Senape e prodotti a base di senape;
  10. Semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo;
  11. Anidride solforosa e solfiti;
  12. Lupini e prodotti a base di lupini;
  13. Molluschi e prodotti a base di molluschi.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Allergeni

Come trovarli in bar e ristoranti? In primo luogo è necessaria una precisazione: il regolamento non richiede la redazione di una lista completa degli ingredienti ma solo degli allergeni. In particolare, non vi sono delle regole specifiche circa le modalità con le quali l'esercente è tenuto a informare il consumatore della presenza di tali alimenti. Le alternative, infatti, possono essere diverse: c'è chi propende per l'indicazione di tali alimenti direttamente sul menù, chi dispone di un foglio illustrativo apposito e chi, invece, preferisce avere all'interno dello staff un addetto specializzato sugli allergeni.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Allergeni

Nei primi due casi l'informazione deve essere sempre disponibile, facilmente accessibile e scritta in caratteri ben leggibili. Nel terzo, invece, l'operatore alimentare dovrà apporre una segnaletica in grado di indirizzare il consumatore alla persona incaricata di fornire tali informazione a voce. Infine è importante sottolineare che non vi è obbligo di indicare la presenza degli allergeni nei casi in cui la denominazione dell'alimento faccia chiaro riferimento alla sostanza o al prodotto in questione.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Allergeni

Ciò che è rilevante, quindi, è sapere che l'elenco di questi alimenti deve sempre essere a disposizione del cliente. Nel caso in cui, quindi, non siano facilmente reperibili è sempre opportuno chiedere maggiori informazioni.
 

Stando a quanto emerso dal V Rapporto Agromafie elaborato da Euripses e dall'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, il volume d'affari delle agromafie lo scorso anno è salito a 21,8 miliardi di euro con un aumento del 30% rispetto al 2015. Numeri impietosi e in continua crescita che necessitano di un approfondimento. Il consumatore, infatti, deve assumere consapevolezza di questo fenomeno per poter riconoscere, ad esempio, i prodotti e i ristoranti "sani" e distinguerli da quelli, invece, da evitare.
L'agroalimentare, infatti, è sempre stato un terreno privilegiato di investimento anche per la malavita che oggi, in questo settore, cerca un modo per riutilizzare i capitali derivanti da attività illecite.

Cos'è l'agromafia?
Si tratta di attività della criminalità organizzata che coinvolgono l'intera filiera agroalimentare. In questo campo, infatti, la mafia investe denaro ottenuto dalle attività illecite in settori quali ristorazione, turismo agricolo e grande distribuzione coprendo l'intero ciclo di produzione, trasformazione e vendita dei prodotti alimentari.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Agromafie Foto 1

Le mafie, quindi, cercano nell'agroalimentare nuovi sbocchi di investimento. In particolare, due ambiti sono rilevanti sotto questo profilo: l'import-export di prodotti agroalimentari sottratti alle norme circa l'indicazione d'origine e tracciabilità (falso made in Italy) e la ristorazione. Il fenomeno del "falso made in Italy" consiste nella vendita di prodotti alimentari con etichetta o altri segni distintivi che richiamano una falsa origine italiana del prodotto. In sostanza: l'etichetta è italiana ma il prodotto no.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Agromafie Foto 2

Tale fenomeno, diffuso in tutto il mondo, è spesso riconducibile proprio alle agromafie. Queste etichettano come italiani alcuni prodotti di bassa qualità provenienti dall'estero e li immettono nel mercato italiano o estero a prezzi, ovviamente, particolarmente elevati. Il fenomeno, inutile dirlo, è molto pericoloso per i consumatori che, fidandosi dell'etichetta che, ad esempio, riporta denominazioni tipicamente italiane spesso associate al tricolore, credono di acquistare un prodotto genuino.

A rimetterci, oltre al consumatore, sono anche le aziende italiane: un prodotto su due all'estero è un falso made in Italy per un giro d'affari che, complessivamente, nel 2015 ha raggiunto il valore di 36,8 miliardi di euro. Basti dire che, nei primi 7 mesi del 2015, la guardia di Finanza aveva sequestrato in Italia ben 160 tonnellate di cibi contraffatti.

Almeno nella nostra nazione un modo per evitare di acquistare prodotti alimentari contraffatti è leggere con estrema attenzione l'etichetta del prodotto che state acquistando: all'interno, infatti, troverete tutte le informazioni utili ad evitare un simile errore. Per informazioni su come leggere l'etichetta, potete leggere un mio precedente articolo.

Un esempio tipico, sotto questo profilo, è quello relativo al rinomato pomodoro San Marzano DOP: recentemente Nicholas Blechman, giornalista del New York Times, ha segnalato che negli Stati Uniti sono particolarmente diffuse confezioni di prodotti a base di pomodori di origine americana su cui, però, campeggia il nome "San Marzano".

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Agromafie Foto 3

La criminalità organizzata, tuttavia, è penetrata sempre maggiormente nell'economia legale investendo, tra gli altri, nel settore della ristorazione. Il business della ristorazione permette anche il riciclaggio di denaro derivante dalle attività illecite. A sottolinearlo è il Rapporto Agromafie sopra citato il quale ha evidenziato come tale sistema si attui tramite l'acquisizione e la gestione diretta e indiretta degli esercizi ristorativi. Stando a quanto riportato dal rapporto Coldiretti Euripses già nel 2015, nel nostro Paese i ristoranti nelle mani della criminalità organizzata erano almeno cinquemila.
Insomma, non bisogna credere che il settore agroalimentare sia sempre "intonso", privo di ogni contaminazione. Però due consigli possono essere utili. Ai consumatori
: leggete le etichette fino nel dettaglio e se qualche informazione manca cercate anche online. Agli imprenditori: ponete la massima attenzione nell'etichettatura dei vostri prodotti anche sfruttando le informazioni facoltative e utilizzate in maniera efficace la comunicazione online e offline.
 

Sempre più spesso sentiamo parlare di microimpresa domestica nel settore alimentare. Ma che tipo di attività svolgono queste imprese e come avviarle?

In primo luogo per microimpresa domestica nel settore alimentare si intende quella realtà produttiva che opera nel settore alimentare all'interno di un'abitazione. In sostanza, chi intende vendere, ad esempio, le torte che produce in casa, deve avviare una microimpresa domestica alimentare.

Bene, sappiate che non è possibile produrre e vendere alimenti senza "regolarizzare" il proprio operato dal punto di vista giuridico. Prima di tutto è opportuno chiarire che, tecnicamente, la microimpresa domestica è una impresa inquadrabile nel settore artigianato.
Chi sono gli artigiani? Gli artigiani sono dei veri e propri imprenditori e, ai sensi dell'art. 2083 del Codice Civile, rientrano nella categoria dei "piccoli imprenditori". Secondo la "legge quadro sull'artigianato", l'artigiano è colui che svolge la propria attività in misura prevalente, anche manuale, nel processo produttivo. In parole più semplici, questo significa che chi decide di avviare una impresa artigiana (tra cui, appunto, quella domestica alimentare) deve dedicare a questa la maggior parte del proprio tempo, anche se ha un altro lavoro. La microimpresa deve, inoltre, dotarsi di una propria partita IVA e va registrata presso la Camera di Commercio.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Microimpresa Domestica Alimentare
Quali alimenti si possono produrre? Devo precisare che, anche per la produzione domestica di alimenti, è necessario seguire le procedure di igiene e sicurezza basate sui principi HACCP (Hazard-Analysis and Control of Critical Points, ossia un insieme di procedure volto a prevenire le possibili contaminazioni degli alimenti). Questo significa che sarà necessario analizzare e gestire tutti i rischi di contaminazione e analizzare e controllare tutti i punti critici della fase di produzione.

Oltre ai principi HACCP, è importantissimo seguire anche le norme in materia di rintracciabilità. Queste regole sono poste a tutela degli interessi e della salute dei consumatori. È necessario, infatti, individuare sempre chi fornisce le materie prime destinate alla produzione di alimenti. Anche all'interno della microimpresa domestica alimentare, quindi, bisogna dotarsi di registri su cui riportare tutte le informazioni inerenti all'origine dei prodotti che si usano in cucina.

Nella propria abitazione non è possibile produrre ogni tipo di alimento con lo scopo di venderlo. In particolare, la prima regola da seguire è la seguente: bisogna produrre alimenti che rientrino in un unico genere merceologico. Quindi, ad esempio, non è possibile produrre e vendere, contemporaneamente, taralli e piatti pronti. Questi due prodotti, infatti, rientrano in generi merceologici differenti: prodotti da forno i primi e gastronomia i secondi.

La seconda regola da seguire è questa: non è possibile produrre alimenti di origine animale. Questo significa che all'interno di un'abitazione, anche se adibita a microimpresa domestica alimentare, non è possibile produrre latte e prodotti a base di latte, uova, carne e prodotti a base di carne, molluschi bivalvi vivi, prodotti della pesca e derivati trasformati.

Ultima regola fondamentale è quella per cui non possono essere eseguite delle preparazioni destinate alla somministrazione. In sostanza, al netto dell'attività di "home restaurant" (in merito alla quale segnalo l'interessante articolo in questo link), non è possibile servire i propri piatti direttamente al cliente. I piatti andranno sempre venduti singolarmente e consumati all'esterno.
A quali soggetti è possibile vendere i propri prodotti? Sotto questo punto di vista non c'è una vera e propria regola peculiare. È possibile, infatti, vendere i propri prodotti sia a esercizi commerciali sia a privati. Ciò che conta realmente è il confezionamento e l'etichettatura.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Microimpresa Domestica Alimentare 2

È possibile utilizzare la mia cucina? No, non è possibile. Per poter regolarmente produrre alimenti destinati alla vendita, anche all'interno di un'abitazione, è necessario utilizzare un locale cucina diverso da quello che si usa normalmente o allestire una cucina in uno spazio separato all'interno di un altro locale.
Di fondamentale importanza è il rispetto di alcuni requisiti. Tra tutti la presenza di un servizio igienico dotato di antibagno, rubinetto a comando non manuale e asciugamani monouso.

Insomma, la microimpresa domestica alimentare è un'ottima idea per chi tenta, in qualche modo, di vendere i propri prodotti senza investire somme ingenti
. Tuttavia, è sempre necessario analizzare a fondo le regole e prepararsi a sopportare un investimento: allestire un nuovo locale-cucina e compiere tutte le pratiche burocratiche necessarie richiede sempre un impegno lavorativo ed economico non da poco.
 

Mercoledì, 13 Settembre 2017 02:00

Come avviare un e-commerce di prodotti alimentari?

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Chi non ha mai effettuato un acquisto online? Ormai, tramite e-commerce è possibile comprare ogni genere di bene e, non da molto tempo, anche alimenti (per chi se lo fosse perso, troverete un esempio qui). I numeri, in effetti, parlano chiaro: nel 2016 le imprese operanti in Italia nel settore dell'e-commerce erano all'incirca 16 mila, localizzate principalmente in Lombardia, Lazio, Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Toscana (Dati Confesercenti) . Il fatturato nel 2015 è stato stimato in 28,8 miliardi di euro, in crescita del 19% rispetto al 2014 (Dati Casaleggio Associati).


Quali norme regolano il commercio elettronico di prodotti alimentari?
Anche l'e-commerce ha le sue regole. Comprare alimenti, sia su un sito web che dal nostro rivenditore di fiducia, infatti, è sempre un'operazione delicata e, per questo, ogni passaggio, dalla produzione alla commercializzazione, è rigidamente regolato. In particolare, occorre fare riferimento al Regolamento UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il regolamento, infatti, precisa che le informazioni sugli alimenti devono essere fornite al consumatore indipendentemente dalle forme in cui gli stessi alimenti sono venduti. Ne deriva, quindi, che il consumatore ha diritto a ricevere tutti i dati necessari sull'alimento che sta acquistando nel negozio di fiducia così come tramite un e-commerce.
Al centro della questione relativa alla sicurezza degli acquisti online, ci sono, quindi, le informazioni che vengono date al consumatore prima dell'acquisto.

Due sono le definizioni rilevanti per affrontare al meglio la materia
:

  • tecniche di comunicazione a distanza: con questa espressione si indica qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra dette parti. Giuridicamente i siti di e-commerce rientrano in questa categoria;
  • informazioni sugli alimenti: le informazioni riguardanti un alimento e messe a disposizione del consumatore finale mediante un'etichetta, altri materiali di accompagnamento o qualunque altro mezzo, compresi gli strumenti della tecnologia moderna o la comunicazione verbale.

Ma quali sono le informazioni che devono essere obbligatoriamente fornite al consumatore nel caso di acquisto di alimenti su e-commerce?
Devono essere presenti:

  • la denominazione dell'alimento;
  • l'elenco degli ingredienti, ingredienti o coadiuvanti tecnologici (ad esempio: cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, soia, latte ecc.) o derivati di questi che provochino allergie o intolleranze;
  • la quantità di alcuni ingredienti o categorie di ingredienti;
  • la quantità netta dell'alimento;
  • le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d'impiego;
  • il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'OSA (operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti);
  • il paese di origine o il luogo di provenienza ove previsto dalle norme;
  • le istruzioni per l'uso;
  • il titolo alcolometrico volumico effettivo (solo per le bevande che contengono più del 1,2% di alcol);
  • una dichiarazione nutrizionale.

Queste indicazioni devono essere disponibili senza alcun costo aggiuntivo per il consumatore e devono essere fornite direttamente sul supporto della vendita a distanza (sul sito di e-commerce) o tramite qualunque mezzo adeguato. Inoltre devono essere disponibili, nella loro completezza, anche al momento della consegna.
Responsabili delle informazioni sugli alimenti venduti tramite e-commerce
sono sia l'operatore del settore alimentare (ossia la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle norme della legislazione alimentare nell'impresa posta sotto il suo controllo) sotto il cui nome o ragione sociale il prodotto è commercializzato, sia il proprietario del sito web il quale deve, ovviamente, garantire che tutte le informazioni siano visibili e disponibili al consumatore.

Diritto Di Gusto di Elio Palumbieri - Ecommerce 3
Come detto, il contratto stipulato in occasione di un acquisto tramite e-commerce rientra nella categoria dei contratti a distanza per i quali è previsto il cosiddetto diritto di recesso: il consumatore, entro 14 giorni, può recedere da un contratto stipulato a distanza senza fornire alcuna motivazione e, in ogni caso, senza dover sostenere costi ulteriori.
Tale diritto, tuttavia, è escluso nel caso di fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente.

In particolare, nel caso di acquisto di prodotti alimentari, il diritto di recesso è escluso nei seguenti casi:

  • prodotti agricoli, ittici e alimentari preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a sessanta giorni;
  • prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protetti o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni;
  • determinati prodotti a base di carne;
  • tutti i tipi di latte.

L'acquisto su e-commerce di prodotti alimentari, quindi, è certamente possibile ma le norme che ne regolano le dinamiche sono particolarmente stringenti ed è importante conoscere i propri diritti (per chi acquista) e doveri (per chi vende).
 

(Questo articolo è tratto da un mio precedente lavoro scritto in collaborazione con Massimo Zortea)

Venerdì, 11 Agosto 2017 02:00

Cosa significa 'prodotto biologico'?

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Ormai i prodotti biologici sono diventati parte integrante della nostra dieta e della nostra spesa quotidiana. Il mercato del biologico, infatti, vale, in Italia circa 2,14 miliardi di euro e il fatturato dei negozi bio raggiunge i 761 milioni di euro (dati ASSOBIO).
Ma cosa si intende per "biologico"?
Per trovare una prima definizione è necessario dare uno sguardo ai regolamenti emanati dall'Unione Europea. Nel 2007 è stato infatti diffuso il regolamento europeo n. 834/2007 che ha fornito la base per lo sviluppo sostenibile della produzione biologica. Questo documento definisce la "produzione biologica" come quel sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione agroalimentare basato su alcuni elementi fondamentali quali:

  • l'interazione tra le migliori pratiche ambientali;
  • un alto livello di biodiversità;
  • la salvaguardia delle risorse naturali;
  • l'applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali;
  • una produzione in grado di rispondere al meglio alle preferenze dei consumatori che cercano prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali.

Il metodo di produzione biologico ha, dunque, una duplice funzione sociale: da un lato risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall'altro, fornisce beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell'ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.

Diritto di Gusto di elio Palumbieri - Bio - Sviluppo rurale  

Il regolamento 834/2007 può essere suddiviso in due parti: da un lato la parte contenente specifiche norme per le fasi della filiera del biologico e, dall'altro, quella relativa all'etichettatura dei prodotti bio. Con "filiera del biologico" si intende indicare l'insieme di aziende che creano, distribuiscono e commercializzano il prodotto biologico. L'attenzione, quindi, è posta sia sulla produzione e commercializzazione degli alimenti biologici sia sul come questi vengono presentati al consumatore in etichetta o in pubblicità.
1) La produzione biologica

Gli scopi della produzione biologica non si limitano alla commercializzazione del prodotto ma tendono a perseguire obiettivi e principi ben più importanti. In particolare, è necessario evidenziare che la produzione biologica mira a stabilire un sistema di gestione sostenibile per l'agricoltura che possa rispettare i cicli naturali, contribuire ad un alto livello di diversità biologica, assicurare un impiego responsabile delle risorse naturali e favorire il benessere degli animali.

La produzione biologica, infatti, si basa sui seguenti principi:

  • i processi biologici devono essere fondati su sistemi ecologici che impiegano risorse naturali con metodi che utilizzano organismi viventi, praticano la coltura di vegetali e la produzione animale legate alla terra o praticano l'acquacoltura nel rispetto dello sfruttamento sostenibile della pesca e non utilizzano OGM (organismi geneticamente modificati);
  • la produzione biologica limita l'uso di fattori di produzione esterni come, ad esempio, i fitofarmaci e, se proprio necessari, ne utilizza di provenienti sempre da biologico. Accetta anche sostanze naturali o derivati di sostanze naturali o concimi minerali a bassa solubilità (che, quindi, non recano particolari danni al prodotto o all'ambiente);
  • l'utilizzo di fattori di produzione ottenuti per sintesi chimica deve essere ridotta a pochi casi eccezionali in cui non esistano pratiche di gestione appropriate e non siano disponibili sul mercato i fattori di produzione naturali necessari, o ancora, se l'uso di fattori di produzione esterni naturali potrebbe creare un impatto ambientale inaccettabile.

Diritto di Gusto di Elio Palumbieri - Bio - Produzione agricola
2) L'etichettatura dei prodotti bio

Come detto, il regolamento 834/2007 prevede anche norme circa l'etichettatura, la pubblicità e i documenti commerciali dei prodotti biologici. In particolare, i produttori possono validamente utilizzare termini quali "bio" e "eco" solo quando i prodotti rispettano i principi elencati sopra. In tal caso, inoltre, tali termini possono essere adoperati non solo in un determinato paese ma nell'intera Unione Europea e in qualsiasi lingua comunitaria.

I termini "bio" e "eco" possono essere usati nei seguenti casi:

  1. nella denominazione di vendita anche degli alimenti trasformati quando la produzione di alimenti biologici trasformati è separata nel tempo e nello spazio da quella di alimenti non biologici. Una situazione che può farci capire meglio questo caso è quello di un'azienda che produce sia alimenti biologici che alimenti non biologici e che potrà fare uso dei termini "bio" e "eco" solo se la produzione dei primi è separata, nel tempo e nello spazio, da quella dei secondi. E cosa sono gli alimenti trasformati? Un esempio tipico sono il formaggio (latte e altri ingredienti trasformati), i salumi (carne e altri ingredienti trasformati) e il vino: la trasformazione agroalimentare è un processo tecnologico ed economico che dà un valore aggiunto a un prodotto agricolo consentendone l'utilizzazione in forma e condizioni differenti rispetto a quelle originarie al momento della raccolta;  
  2. solo nell'elenco degli ingredienti quando:
  • la produzione di alimenti biologici trasformati è separata nel tempo e nello spazio da quella di alimenti non biologici;
  • il prodotto è ottenuto principalmente da ingredienti di origine agricola;
  • nel processo di trasformazione, vengono utilizzati particolari ingredienti (quali gli additivi, gli aromi, l'acqua, il sale, i minerali, gli oligoelementi, le vitamine e gli amminoacidi e gli altri micronutrienti) destinati ad un'alimentazione particolare (come, ad esempio, nel caso degli alimenti per la prima infanzia e dei prodotti dietetici) e solo a condizione che siano stati autorizzati per l'uso nella produzione biologica;
  • gli ingredienti di origine agricola non biologici sono autorizzati per l'uso nella produzione biologica dal Regolamento CE 889/2008.

Diritto di Gusto di elio Palumbieri - Bio - Logo UE per prodotti biologici

L'UE ha, inoltre, previsto la possibilità di utilizzare uno specifico logo comunitario indicante i prodotti di origine biologica: tale logo può essere utilizzato nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti bio. Insieme al logo comunitario deve essere anche inserita un'indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole che compongono il prodotto tramite le diciture:

  • "agricoltura UE" quando la materia prima è stata coltivata in uno dei paesi membri dell'Unione Europea;
  • "agricoltura non UE" quando la materia prima è stata coltivata in paesi che non sono membri dell'Unione Europea;
  • "agricoltura UE/non UE" quando parte della materia prima è stata coltivata in un paese UE mentre il resto in un paese non UE.

Quindi, in base a quanto detto, le norme dell'Unione Europea regolano la produzione biologica ponendo particolare attenzione non solo ai metodi di produzione in quanto tali ma anche a ciò che viene comunicato al consumatore. Non è un caso se lo stesso regolamento 834/2007 faccia più volte riferimento alla necessità di tutelare e giustificare la fiducia del consumatore nei prodotti etichettati come biologici. Il consumatore deve essere ben informato per potersi fidare di una categoria di prodotti: questa affermazione è una delle "colonne portanti" dell'intero mercato bio.
 

Lunedì, 10 Luglio 2017 02:00

Attenzione all'etichetta

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L'etichetta è un insieme di informazioni utilissime per capire davvero cosa stiamo acquistando ma non sempre è di semplice lettura e interpretazione. Proviamo a capire le regole che sono alla base di ciò che è riportato su questi preziosi "ritagli di carta".
Ma cominciamo dalle basi. Che cosa è una etichetta alimentare?
L'etichettatura di un prodotto alimentare viene definita dal Regolamento CE 1169/2011 il quale garantisce un elevato livello di protezione dei consumatori in materia di informazioni sugli alimenti e definisce i principi, i requisiti e le responsabilità che disciplinano le informazioni sugli alimenti e la loro etichettatura.

Diritto di Gusto - Etichettatura - Al supermercato

Cosa deve contenere una etichetta? Le informazioni in etichetta devono essere precise, chiare e facilmente comprensibili; devono essere apposte in zone della confezione alimentare che le renda molto visibili.
L'etichetta deve obbligatoriamente indicare i seguenti elementi:

  • Denominazione dell'alimento;
  • L'elenco degli ingredienti con indicazione chiara delle sostanze o dei prodotti che provocano allergie o intolleranze;
  • Qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico (per coadiuvante tecnologico si intende qualsiasi sostanza non consumata come alimento o come ingrediente tipico ma utilizzata durante la preparazione del prodotto al fine di raggiungere un determinato scopo; tipico caso di coadiuvante tecnologico sono i solventi, i chiarificanti e i disinfettanti);
  • Diritto di Gusto - Etichettatura - Ingredienti

    • La quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
    • La quantità netta dell'alimento;
    • Il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
    • Le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni di impiego;
    • Il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del settore alimentare responsabile (operatore del settore alimentare è la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo);
    • Il paese di origine o il luogo di provenienza;
    • Le istruzioni per l'uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell'alimento;
    • Per le bevande che contengono più di 1,2% di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
    • Una dichiarazione nutrizionale e, quindi, le informazioni che indicano il valore energetico e la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale.

    Le informazioni obbligatorie, sugli alimenti preimballati, devono apparire direttamente sull'imballaggio o su un'etichetta a esso apposta.

    Devono essere indelebili e, soprattutto, non devono indurre in errore:    

    • quanto alle caratteristiche del prodotto alimentare e, precisamente, sull'identità, sulla composizione, sulla natura, sulla conservazione, sulla quantità, sull'origine o la provenienza, sul modo di fabbricazione o ottenimento del prodotto stesso;
    • attribuendo all'alimento effetti o proprietà che non possiede;
    • suggerendo che l'alimento è dotato di particolari requisiti quando, invece, tutti gli alimenti simili, possiedono caratteristiche identiche;
    • suggerendo la presenza di un ingrediente o di un particolare alimento che, in realtà, è stato sostituito con un altro (magari meno costoso e meno salutare).

    Elemento particolarmente rilevante è l'indicazione degli ingredienti o dei prodotti che provocano allergie e intolleranze. In questo ambito l'Unione Europea ha introdotto un elenco tassativo delle sostanze e prodotti sottoposti a specifica regolamentazione.

    Diritto di Gusto - Etichettatura - Allergie e intolleranze

    È previsto, infatti, che questi figurino nell'elenco degli ingredienti con un carattere diverso rispetto agli altri e con la chiara indicazione della denominazione della sostanza che provoca allergie e intolleranze. Non solo: occorre evidenziare che le diciture "contiene tracce di" o "prodotto in uno stabilimento dove si lavorano" potrebbero essere generiche. Il legislatore europeo, sotto questo profilo, sta lavorando con lo scopo di vietare tali diciture in favore della ben più chiara e semplice "può contenere".

    L'etichetta, tuttavia, può essere utilizzata dal produttore anche per dare al prodotto maggior valore tramite ulteriori indicazioni nutrizionali e sulla salute. Per "indicazione nutrizionale" si intende qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche, dovute all'energia (valore calorico) che apporta, apporta a tasso ridotto o accresciuto o non apporta; e/o alle sostanze nutritive o di altro tipo che contiene, contiene in proporzioni ridotte o accresciute o non contiene.

    Il regolamento 1924/2006, a tal proposito, introduce il concetto di "claims" (tipico esempio di claim è "a basso contenuto calorico" o "ricco di proteine") dando ai produttori dei criteri da rispettare per poter valorizzare l'alimento commercializzato senza, però, trarre in inganno il consumatore. Ad esempio :  

    Claim Nei prodotti solidi Nei prodotti liquidi
    Basso contenuto calorico Non più di 400 kcal/100 g Non più di 20 kcal/100 ml
    Basso contenuto di grassi Non più di 3 g/100 g Non più di 1,5 g/100 ml
    Senza grassi Non più di 0,5 g/100 g Non più di 0,5 g/100 ml
    Basso contenuto di zuccheri Non più di 5 g/100 g Non più di 2,5 g/100 ml
    Senza zuccheri Non più di 0,5 g/100 g Non più di 0,5 g/100 ml
    Fonte di fibre Almeno 3 g/ 100 g o almeno 1,5 g/ 100 kcal  
    Alto contenuto di fibre Almeno 6 g/100 g o almeno 3 g/100 kcal  
    Fonte di proteine Solo se almeno il 12% del valore energetico dell'alimento è apportato da proteine  
    Alto contenuto di proteine Solo se almeno il 12% del valore energetico dell'alimento è apportato da proteine  

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    L'etichettatura di un prodotto alimentare, quindi, rappresenta il primo passo per permettere al consumatore di "mangiare e bere informato". Saper leggere e interpretare l'etichetta, infatti, ci consente di prendere delle scelte consapevoli che possono aiutarci a rendere la nostra dieta più salutare e completa.

    Lunedì, 08 Maggio 2017 02:00

    Diritto di Gusto

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    Ciao a tutti, sono Elio Palumbieri, praticante avvocato specializzato in diritto agroalimentare e in diritto dell'innovazione e nei prossimi mesi scriverò di diritto agroalimentare per cucinaMancina.

    La mia passione per questa branca del diritto è, in gran parte, figlia di un mio grande amore: la cucina. Si, sono anche io un mancino (intollerante al lattosio) che, durante l'esperienza da fuorisede a Trento, ha imparato a cucinare e, appunto, ad amare la cucina. Credo che i fornelli siano una grande scuola di convivialità, educazione, rispetto delle regole e rispetto per l'ambiente. Per me, oltre a tutto questo, dedicarmi alla preparazione di ricette è un efficacissimo antistress: prima di ogni esame ero ai fornelli per tutti per tutto il giorno e, oggi, ogni weekend mi dedico a un nuovo piatto.
    Ho deciso, quindi, di fare di una mia grande passione il mio lavoro, alla ricerca delle regole che muovono il mondo del cibo.

    Elio Enrico Palumbieri

    Il diritto agroalimentare è un ramo del diritto particolarmente affascinante
    perché, oltre alla conoscenza di norme di diritto italiano, europeo e internazionale, impone la ricerca in settori che, solitamente, non sono di competenza del giurista: biologia, chimica, marketing e management. Infatti, un altro motivo per cui ho deciso di intraprendere questa strada è la sfida: il diritto agroalimentare impone ogni giorno sfide importanti, specie se si considera che il mercato del food è sempre in movimento e in continuo cambiamento.
    Perché scrivere per cucinaMancina?
    Perché sono convinto che il diritto sia ovunque ma non sia ancora per tutti. Compriamo un biglietto? Stiamo stipulando un contratto. Leggiamo un'etichetta? Leggiamo prescrizioni normative. Usiamo il termine "biologico"? Stiamo utilizzando una definizione normativa. A me piace pensare di poter parlare e scrivere di diritto in maniera semplice e immediata per coloro che, pur essendo interessati, non sempre riescono a trovare fonti attendibili e comprensibili.

    È per questo che cercherò di affrontare il diritto agroalimentare in maniera diretta, rispondendo a domande che tutti, prima o poi, ci poniamo quando acquistiamo negli store o online: quali informazioni trovo in etichetta? E su un e-commerce? Quali informazioni devo trovare in un ristorante e quali posso richiedere?