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Ogni giorno compiamo decine di scelte riguardo al cibo che hanno importanti conseguenze in termini di consumo di risorse del pianeta, emissioni inquinanti e rifiuti prodotti. In un'epoca, in cui quasi un miliardo di persone soffre la fame, fino a un terzo di tutto il cibo prodotto è rovinato o sperperato (dal campo alla forchetta) prima di essere consumato. Inoltre la futura crescita della popolazione (da 7 a 9 miliardi nel 2050) prevede un ulteriore aumento dello scarto alimentare e della richiesta di cibo. Pertanto la riduzione dello spreco è in cima all'agenda delle Istituzioni dell'UE e mondiali (FAO) con l'obiettivo di dimezzarlo entro il 2025.
Per raggiungere l'obiettivo bisogna progettare e condurre nuovi processi produttivi che minimizzino l'impiego di materie prime (per conservare le risorse naturali), che evitino l'accumulo di rifiuti e non ne prevedano lo smaltimento, puntando a sostituire il concetto di "rifiuto" con quello di "sottoprodotto" da riutilizzare. L'idea "ZERO WASTE" cioè zero scarto è quella di Recuperare lo scarto in modo che diventi ECO-sostenibile, OPERANDO per una sua valorizzazione (R-ECOperando). La materia organica, generalmente chiamata biomassa (in pratica sostanze di origine biologica) è in gran parte rappresentata da scarti agro-industriali (per esempio scarti dell'industria, delle attività agricole, forestali, di origine zootecnica, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani e alghe o altre specie vegetali utilizzate per la depurazione di liquami)
In generale, il primo processo applicabile allo scarto che si intende valorizzare, è il recupero di molecole naturalmente presenti. Ad esempio, le acque di vegetazione olearia, derivanti dalla produzione dell'olio di oliva, si prestano ad essere valorizzate mediante il recupero dei polifenoli che possono essere reimpiegati in campo farmaceutico, cosmetico e nutrizionale. In seguito il recupero di altre sostanze, di interesse industriale, è a carico di processi microbici (cioè grazie a microorganismi in grado di produrre e accumulare biomolecole a partire da risorse di natura organica) che possono portare alla produzione di biopolimeri (alternative alle plastiche di origine sintetica) e biocarburanti.
L'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR di Bari ha intrapreso una serie di attività finalizzate alla messa a punto di strategie per la riduzione e la valorizzazione degli scarti di produzione e consumo agroalimentare. Lo scopo è di impiegare il materiale organico di scarto che non ha trovato fino ad ora applicazione, per l'estrazione di nuove molecole di interesse commerciale, per l'impiego di materiale organico come bio-compost di produzioni alimentari innovative, per l'impiego di microrganismi. Altri studi sono volti a migliorare i film di confezionamento in modo da ridurre l'impatto ambientale (per esempio usando materiali organici, confezioni risigillabili) e lo spreco (per esempio con pellicole 'intelligenti' che indicano la perdita di freschezza cambiando colore). O ancora, lo sviluppo di nuovi sistemi tecnologici, di miglioramento della conservazione domestica di alimenti fortemente deperibili, in collaborazione con produttori di elettrodomestici.
Con il nostro lavoro quindi, allineandoci agli obiettivi Europei di riduzione dello spreco alimentare, contribuiamo a fornire nuove strategie per migliorare l'efficienza della catena alimentare e ci proiettiamo alla riflessione verso l'EXPO 2015 che si terrà a Milano, dedicata al tema "Nutrire il pianeta".
Gusta il Biodiverso con i micro-ortaggi mancini!
Scritto da Francesco Di GioiaAncora poco noti in Italia, i micro-ortaggi sono giovani e tenere piantine prodotte a partire dai semi di numerose specie di ortaggi, erbe aromatiche e piante spontanee, raccolte dopo soli 7- 20 giorni dalla semina, non appena hanno sviluppato le foglioline cotiledonari o le prime foglie vere.
Non si tratta di germogli o sprouts e neppure dei comuni ortaggi da foglia pronti al consumo, bensì di una nuova categoria di ortaggi con caratteristiche ben distinte.
Utilizzati dagli chef per arricchire di nuovi colori, forme e sapori numerosi piatti di alta cucina, i micro-ortaggi sono sempre più apprezzati dai consumatori per il loro elevato contenuto di minerali, vitamine e numerosi altri composti antiossidanti considerati benefici per la salute umana.
Studi recenti hanno infatti dimostrato che i micro-ortaggi sono caratterizzati da un contenuto di vitamine e sostanze bioattive anche decine di volte più alto dei normali ortaggi, e per questo si sono guadagnati l'appellativo di 'super food' o di 'alimenti funzionali'.
L'Associazione Ortinnova, con il progetto 'Gusta il BIODIVERSO: dalla Puglia nuovi alimenti freschi, funzionali e pronti da gustare' vincitore di 'Principi Attivi 2012', in collaborazione con i ricercatori dell'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR di Bari e del Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell'Università di Bari, sta conducendo una serie di attività di ricerca finalizzate alla valorizzazione del grande patrimonio di biodiversità vegetale pugliese, utilizzando specie e varietà di ortaggi tipici pugliesi per lo sviluppo di nuovi micro-ortaggi ad alto valore nutrizionale.
Applicando tecniche di produzione ecosostenibili ed innovazioni di processo in grado di fortificare il valore nutraceutico dei micro-ortaggi, l'idea è quella di sviluppare nuovi prodotti alimentari in grado di soddisfare le necessità di consumatori mancini con particolari esigenze della dieta.
Per saperne di più:
Seguite le attività dell'Associazione Ortinnova su Facebook: https://www.facebook.com/ortinnova
https://edis.ifas.ufl.edu/hs1164
Photo credits: Francesco Di Gioia
Come posso ridurre l'uso del sale nella mia cucina?
Scritto da Giovanni BurdiLa risposta viene da lontano. Il gomasio fa parte della tradizione gastronomica asiatica ed è un semplice modo per ridurre il quantitativo di sale utilizzato normalmente nei piatti. È certamente una valida alternativa , personalizzabile a vari tipi di palato e quindi risulta versatile quasi in ogni tipo di ricetta. Come prepararlo?
Ingredienti 100 g di sesamo non tostato
16 g di sale grosso marino (io ho usato quello di miniera)
Preparazione: Lava e asciuga il sesamo. Tostalo a fuoco medio avendo cura di girarlo spesso con un cucchiaio di legno. Quando i semi inizieranno ad assumere un colore leggermente dorato, abbassa la fiamma e lasciali tostare ancora per due minuti circa. Togli i semi di sesamo dalla padella e tienili da parte.
Fai asciugare il sale marino integrale nella padella in cui hai fatto tostare i semi di sesamo.
Metti il sale e i semi di sesamo in un mortaio e con movimenti circolari schiaccia il tutto cercando di essere delicati.
Quando avrai raggiunto il grado di polverizzazione desiderata, trasferisci il gomasio in un barattolo.
Accorgimenti: Essendo un condimento, la quantità e il rapporto tra sale e semi di sesamo non sono fissi. Questo può variare in base ai vostri gusti e a quanto volete seguire una dieta macrobiotica: secondo la cucina macrobiotica l'utilizzo del sale dovrebbe essere ridotto, quindi il rapporto ideale scende a 20 parti di sesamo a 1 di sale. Il recipiente ideale per triturare il sesamo e il sale è il suribachi. Si tratta di un mortaio giapponese con al suo interno delle scanalature che facilitano la triturazione dei semi di sesamo. In genere per pestare i semi di sesamo si utilizza un pestello in legno chiamato surikogi. Il gomasio può essere conservato in un recipiente ermetico. Consumatelo entro otto giorni dalla preparazione.
Idee e varianti:
Ideale per condire cereali, paste e risotti, insalate, verdure, carne e pesce. Se ne possono creare diverse versioni aggiungendo a piacere erbe aromatiche, altri tipi di semi, pinoli, mandorle o noci tritate oppure alghe polverizzate. Le alghe possono anche andare a sostituire il sale. Se amate i sapori più forti, potete anche unire dell'aglio o della cipolla, a voi la scelta.
Photo Credits: Rick Elizaga
Oggi volevo parlarvi del famigerato peperoncino e specialmente quelli cosi definiti "calabresi", i più "hot" d'Italia. Vi posso assicurare invece che nel mondo esistono peperoncini che vanno ben al di là di quello che noi pensiamo possa essere la "soglia" del piccante.
Mi spiego meglio, prima di parlare di piccante dovremmo capire come viene definito chimicamente il grado di piccantezza, infatti questo ci permette semplicemente di paragonare i vari tipi di peperoncino. Il fattore chiave è capire che tra le sostanze presenti in un un peperoncino, ci sono quelle dette capsaicinoidi, di cui la più abbondante è la capsaicina, un composto chimico che stimola i recettori del caldo VR1 presenti sulla lingua facendo avvertire la sensazione di bruciore.
La scala che ne definisce il grado di piccantezza è quella di "Scoville" che stabilisce il massimo livello (100% di capsaicina pura) in 16.000.000,00 di unità. Quindi se prendiamo come esempio uno dei peperoncini più hot utilizzabili in cucina, l'Habanero Chinense (vedi foto di copertina), esso raggiunge le 300.000,00 unità scoville, ciò vuol dire che quasi il 2% del suo peso e pura capsaicina.
Tornando a noi, un peperoncino mediterraneo del Sud Italia normalmente non supera le 5.000,00 unità Scoville e la percentuale in peso di capsaicina per questi peperoncini non supera quasi mai la bassissima soglia del 0,035% in peso totale. Ma allora perché più mangio piccante e più ne voglio? E qui la risposta è veramente spettacolare.
Il nostro cervello capta le stimolazioni di bruciore convertendole in senso di dolore, ma nello stesso frangente la lingua e quindi il cervello "riconoscono" un alto contenuto di Vitamina C e vista l'essenzialità dell'elemento, il cervello sprigiona endorfine, ed ecco che un dolore diviene un piacere!
Curiosità: nel 2010 è stato misurato un nuovo record di piccantezza attribuito al "Trinidad Scorpion" con un immenso livello di oltre 2 milioni di unità Scoville, battendo il suo predecessore il "Naga Viper" che si ferma, per modo di dire, alla mastodontica soglia di 1.3 milioni di Unità scoville.
Io ho assaggiato una volta un gaspacho condito con Habanero, ed è stato abbastanza per il mio palato. Non oso neanche immaginare cosa significherebbe provare uno "Scorpione di Tridad", quasi un salto nel buio!
Photo credits: Bonnie James, Quisnovus, Jonathon Colman
Si sa che le favole ci rendono tutti più buoni... ma se di più buono nella favola ci fosse anche il pane?
Da sempre la storia del pane è tracciata insieme a quella dell'uomo. Conteso durante le carestie e salvezza degli eserciti, negli ultimi decenni ingiustamente tacciato di contribuire all'obesità dei paesi Occidentali (non è certo junk food!), il pane mantiene salda la sua importanza nutrizionale ma deve migliorarsi e seguire le moderne esigenze alimentari.
È nell'esperienza di tutti che il pane sia soggetto in breve tempo a raffermamento e contaminazione microbica. Le principali cause del deterioramento sono le muffe, che contaminano il prodotto dopo la cottura (soprattutto quelle appartenenti a specie del genere Penicillium, Aspergillus e Cladosporium) e i batteri (della specie Bacillus), produttori di spore che sopravvivono al processo di cottura.
Questi ultimi sono la causa del "pane filante", quella massa molle alterata all'interno della mollica, appiccicosa al taglio e dall'odore sgradevole di frutta matura, da non confondere con la mancata lievitazione dell'impasto o con la scarsa cottura: così il pane non si può più mangiare!
Per ridurre gli scarti che derivano da queste contaminazioni, si deve agire sull'inibizione della crescita microbica.
In quest'ottica, l'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR di Bari ha intrapreso una serie di attività finalizzate allo studio della contaminazione delle materie prime, dei microrganismi alterativi e dell'impiego di microrganismi "buoni" per estendere la conservazione e migliorare le caratteristiche qualitative del pane.
Per estendere la conservabilità del pane, i nostri studi dimostrano efficace l'uso di batteri lattici. Infatti i famosi "fermenti lattici" hanno tra le loro numerose capacità quella di produrre sostanze antimicrobiche che inibiscono batteri, lieviti e muffe agendo da "BIO-CONSERVANTI" che impiegati nella produzione, conservano il pane "naturalmente".
Con il nostro lavoro quindi, oltre a fornire un contributo valido al settore produttivo, puntiamo a soddisfare la richiesta dei consumatori e le recenti disposizioni Europee, di alimenti sani, sicuri e non alterati chimicamente per mantenere il pane come alimento cardine nella nostra Storia.
Con il pane bio si possono fare ottimi piatti mancini, avete mai provato la cialledda?
Photo credits: Maritè Toledo, @abrunvoll
RISO PILAF AL NATURALE Ingredienti (per persona) 100 gr. di riso 210 gr. di acqua (di norma il doppio del peso del riso più un 5/10 %) 1 noce di burro o 1 cucchiaio d'olio extravergine d'oliva ¼ di dado da brodo o sale (facoltativi)
Preparazione Usate un qualsiasi tipo di riso e, qualsiasi sia il suo tempo di cottura indicato nella confezione, seguite comunque i tempi sotto descritti.
Preriscaldate il forno (possibilmente ventilato) a 190°C. Mettete a bollire l'acqua e salatela con un abbondante pizzico di sale o il quarto di dado da brodo.
Fate sfrigolare, a fuoco medio-basso, il burro o l'olio nel pentolino.
Aggiungete il riso e, con un cucchiaio di legno, girate continuamente per un minuto e fatelo "brillare".
Aggiungete il brodo bollente tutto in una volta, avendo cura che anche tutto il riso vi sia immerso (recuperate i grani che eventualmente saranno rimasti attaccati sui bordi), tappate e mettete immediatamente in forno. Fate cuocere per 16 minuti, estraete dal forno, mettete su di una spianatoia il riso, aprendolo delicatamente con un cucchiaio, e fatelo raffreddare.
Una volta freddo, riponetelo in frigo pronto per il vostro risotto! Il riso risulterà perfettamente cotto e ben sgranato: ASSICURATO.
Photo credits: Sim Dawdler, AsianLifeStyleDesign, Josh Puetz
Una valle lunare nel cuore del Salento: l'orto dei Turat
Scritto da Piero Gatto Se vi siete avventurati tra le campagne di Ugento (LE), magari in un pomeriggio d'estate, tra gli ulivi, probabilmente avrete scorto un paesaggio da fiaba: mezzelune di pietre a secco, panciute e monolitiche, capaci di catturare i venti e l'aria umida che spira dal mare. Questo é l'orto dei Turat.
Ispirandoci ai sistemi di raccolta idrica diffusi nelle zone aride del Medio Oriente – le così dette "precipitazioni occulte" descritte da Pietro Laureano, fondamentali nell'ecologia del deserto, abbiamo costuito queste grandi strutture di pietra a secco all'interno di un appezzamento di circa 17 mila mq. Questo meccanismo permette la condensazione di aria trasformandola in acqua, utile ad "irrigare" il suolo e nutrire alberi e piante, piantumate a ridosso delle strutture, in maniera assolutamente ecologica ed ecosostenibile.
Lo sfruttamento sempre più intensivo del terreno agricolo sta infatti provocando un utilizzo indiscriminato della risorsa acqua, facendo abbassare le falde acquifere e provocando una contaminazione con acqua marina. Con il nostro saper fare, recuperando tradizioni antichissime, stiamo contribuendo a contrastare l'avanzamento di fenomeni erosivi e di desertificazione del territorio, sempre più critici in questa terra.
Stiamo lavorando perché il nostro luogo diventi un orto didattico per scuole e per ragazzi, un luogo culturale fruibile al 100% e ricco di alberi. Se vuoi, puoi sostenere il nostro progetto su buonacausa.org
Scarica qui il progetto completo.
Crediamo che un'utopia, un sogno, se sostenuti, possano diventare realtà!
Un arcobaleno di carote per piatti mancini!
Scritto da Massimiliano RennaCosa penserebbe "Pel di carota" se scoprisse che l'ortaggio da cui prende il nome, oltre che arancione, può sfoggiare diversi colori che vanno dal giallo al viola? Potrebbe supporre che si tratti di uno scherzo frutto delle mani di un artista goliardico, ma cambierebbe subito idea facendo una passeggiata tra le campagne di Polignano a Mare. Ebbene sì, in questa cittadina a sud della provincia di Bari si coltiva un particolare tipo di carota che colpisce non solo per il suo variopinto aspetto cromatico, ma anche per profumo, fragranza e gusto non riscontrabili nelle comuni carote arancioni.
Non si tratta di un OGM (Organismo Geneticamente Modificato) frutto dell'ingegneria genetica ma, al contrario, di un ortaggio autoctono storicamente coltivato in questa parte della Puglia; una carota così come "madre natura" l'ha fatta!
Viene chiamata anche "Bastinaca di San Vito", dal nome dell'abbazia intorno alla quale sono presenti gli appezzamenti sui cui viene seminata da agosto a settembre e raccolta da dicembre fino agli inizi della primavera. Ma, purtroppo, sono rimasti in pochi a coltivarla, per lo più anziani che fino ad oggi hanno scongiurato il rischio che tale prelibatezza si estinguesse, veri e propri agricoltori-custodi di quest'ortaggio che, tra l'altro, può vantare anche un presidio Slow Food.
Il gruppo di ricerca dell'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR di Bari, assieme al Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali dell'Università di Bari, ha condotto una serie di attività di ricerca finalizzate alla valorizzazione di quest'ortaggio, inserito nell'elenco regionale dei prodotti agricoli "a rischio di erosione genetica".
I risultati di tali attività evidenziano pregevoli caratteristiche nutrizionali tra cui una maggiore presenza di sostanze antiossidanti, ed un minor contenuto di zuccheri rispetto alle comuni carote arancioni. È stata messa a punto anche una tecnica per produrre una confettura in cui vengono preservate le peculiarità nutrizionali, permettendo di gustare sapori e profumi di quest'ortaggio in tutti i periodi dell'anno. Sono in corso, inoltre, ulteriori studi per migliorare la qualità in campo e preservarla nel post raccolta. L'intento è quello di riuscire a proporre molteplici prodotti alimentari a base di carota di Polignano, anche per disporre facilmente di un ottimo ingrediente in grado di arricchire con colori, sapori e profumi, sfiziosi e creativi piatti mancini, come questo.
Per saperne di più:
http://it.wikipedia.org/wiki/Carota_di_Polignano
http://www.ortaggipugliesi.it/index.php?carota-di-polignano
http://www.ortaggipugliesi.it/filearchive/ed9e81eb739aa72e6344c6b8968adb15.pdf
http://www.chiriotti.it/pdf/ijfs/inpress2012/IJFS%2012-3%20PACE.pdf
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0023643813001138
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0260877413000745
Crediti fotografici: Lorenza Dadduzio, Massimiliano Renna.
I.I.S.S. Ettore Majorana: una settimana mancina
Scritto da Annarita GualbertoDal 15 al 23 di gennaio presso'Istituto Alberghiero Ettore Majorana di Bari è stato realizzato un progetto innovativo dedicato al "mangiare differente" e con gusto, pensato avendo un occhio di riguardo verso tutte quelle persone che, per scelta o per necessità, rinunciano a molti dei sapori che la cucina - in particolar modo quella pugliese - offre.
Lo scopo principale del progetto è realizzare, in partenariato con le aziende che producono alimenti attenti alle diversità alimentari, un ricettario che adegui le nuove tendenze del mercato a prodotti speciali, declinando alcuni dei piatti tipici della tradizione pugliese.
Tutto questo è stato possibile grazie a UnionCamere Puglia, in collaborazione con le Camere di Commercio di Bari, Brindisi e Foggia e con l'intuizione del sito web cucinaMancina (www.cucinamancina.com), piattaforma dedicata ai "mancini alimentari": vegetariani, vegani, allergici, colesterolemici, diabetici e curiosi alimentari.
L'Istituto Alberghiero Ettore Majorana di Bari é stato uno dei partner chiave del progetto, che ha visto impegnati molti degli alunni dell'ultimo anno. Il supporto degli allievi é stato trasversale: hanno sia affiancato gli autori nella realizzazione delle ricette, sia ne hanno inventate ad hoc, a partire dagli ingredienti base offerti dalle aziende sponsor, proponendo abbinamenti innovativi e sperimentando nuove ricette con prodotti mai utilizzati precedentemente. Altri ragazzi hanno supportato la realizzazione degli shooting fotografici, imparando importanti nozioni di food styling.
"Questa settimana per noi é stata un'occasione unica per mettere in pratica tutte le nostre competenze e un'opportunità per imparare qualcosa di nuovo", hanno dichiarato Vittorio, Nikolaus e Alberto, alcuni dei ragazzi coinvolti.
Il ricettario sarà pubblicato in italiano e in inglese, in versione cartacea ed e-book, e girerà le principali fiere di settore: un'opportunità unica per far conoscere l'eccellenze della Puglia che mangia differente in tutto il mondo.
Photo credits: Lorenza Dadduzio, Flavia Giordano
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA DAI SAPERI AI SAPORI
Scritto da Elvira Greco L'Associazione Terrasud e l'Associazione Puglia Agri Sinergy di Monopoli hanno organizzato per i prossimi mesi una serie di incontri sul tema "Olio extravergine di oliva – dai saperi ai sapori".
Il primo appuntamento è per domenica 5 gennaio con cucinaMancina la prima food community dedicata a chi mangia differente per scelta o per necessità: vegetariani, vegani, allergici, intolleranti ma anche curiosi alimentari.
Terrasud, Puglia Agri Sinergy e cucina Mancina si incontreranno per condividere un percorso di saperi e sapori sull'olio extravergine di oliva prodotto a Monopoli con lo scopo di creare quelle necessarie relazioni tra i coo/produttori dell'olio extravergine di oliva quali gli agricoltori, le cooperative, i frantoi e i consumatori.
La giornata del 5 gennaio "dai saperi ai sapori" prevede una passeggiata nell'uliveto secolare dell'Azienda Agricola Rotondo, per poi proseguire con la visita a due strutture di trasformazione dotati di differenti impianti di molitura, il continuo presso l'Oleificio Sociale di Monopoli e il tradizionale presso il Frantoio Moliterno.
La giornata si concluderà con degli assaggi sensoriali dell'olio extravergine di oliva prodotto a Monopoli a cura dei degustatori di olio dell'Associazione Puglia Agri Sinergy.
Per info: [email protected], 338/9257741
Photo Credits: baabix
Altro...
Nella mia memoria alimentare, ormai ampia dal momento che sono nei secondi "anta", la stagionalità delle verdure mi rimanda alla ritualità dei pasti preparati dalla mamma. Tra le verdure più attese per la loro dolcezza e versatilità ricordo i carciofi che la scaltra cuoca ci propinava nelle più inaspettate variazioni (incluso un terribile tentativo di Cynar fatto in casa!), in nome della economicità dell'ortaggio. Mai avrei pensato che i carciofi avrebbero avuto un ruolo importante anche nella mia vita professionale.
Questo ortaggio è molto ricco di polifenoli antiossidanti e di uno speciale zucchero, l'inulina, metabolizzato da alcuni batteri benefici. Da sostenitrice e consumatrice di alimenti funzionali - cibi che oltre a nutrire contribuiscono al miglioramento fisiologico dell'organismo – ho pensato di valorizzare queste proprietà del carciofo "convincendo" un batterio probiotico a rivestirne la superficie trasformando l'alimento carciofo in un carrier di cellule microbiche vitali in grado di insediarsi nell'intestino favorendo l'equilibrio della flora batterica intestinale.
I batteri probiotici, che potremmo definire i cugini "nobili" dei fermenti lattici, hanno il ruolo di coadiuvare le popolazioni di batteri lattici residenti nell'intestino potenziando l'effetto barriera della mucosa intestinale, stimolando il sistema immunitario intestinale. Per coadiuvare il riequilibrio della microflora batterica, i fermenti lattici devono arrivare vivi nell'intestino, sopravvivendo alle azioni selettive del tratto gastro-intestinale.
Nei nostri studi abbiamo verificato che l'architettura del carciofo esercita un'azione protettiva sulle popolazioni del batterio, che unita ai suoi preziosi elementi funzionali agevola il percorso dei fermenti probiotici e il loro insediamento nell'intestino. Gli studi sono documentati da pubblicazioni su riviste internazionali e da studi di alimentazione condotti in collaborazione con medici gastroenterologi. Essi hanno dimostrato il contributo del carciofo probiotico al benessere intestinale. Questi sono gli altri motivi per cui sono molto affezionata al carciofo. Con essi ci lavoro, ma anche li coltivo nel mio orto e poi li cucino. Come? Guardate qui.
Per approfondire: Paola Lavermicocca, Probiotici II. Proprietà e applicazione negli alimenti
Quali sono i cibi vietati per i nostri amici a quattro zampe; quali i rimedi naturali miracolosi, dall'olio extravergine d'oliva, vero toccasana per un pelo lucido e curato, alla camomilla, ottima per curare congiuntiviti ed infiammazioni.
E poi tante ricette, divise tra primi, zuppe e creme, secondi e merendine, per nutrire in maniera naturale e soprattutto casalinga i nostri cuccioli.
Tutto questo nel libro "Ricette vegane per cani" di Alex e Ilaria, nostre autrici mancine nonché mamme dell'omonimo blog.
In vendita in formato Kindle su Amazon. Non hai un kindle o un ipad? Nessun problema, lo puoi leggere anche da mac e da pc, scaricando l'apposito reader di Firefox: https://addons.mozilla.org/it/firefox/addon/epubreader/
Photo credits: Ricette vegans per cani e Rabi w
Da antichi ortaggi, nuovi sapori per la cucina mediterranea
Scritto da Massimiliano RennaVarietà locali, specie autoctone, ortaggi minori, piante selvatiche, sono questi i termini che vengono utilizzati per indicare prodotti della terra eterogenei ma con alcune caratteristiche comuni: fanno parte della tradizione agroalimentare del territorio, non sono ampiamente conosciuti dall'opinione pubblica, hanno spesso un mercato circoscritto e, in alcuni casi, rischiano l'estinzione!
Parliamo, ed esempio, della carota giallo-viola di San Vito o di quella di Tiggiano, dei mugnuli, delle puntarelle, del carosello e del barattiere, del cetriolo mezzo-lungo di Polignano, della cipolla di Acquaviva, delle orobanche, del finocchio marino, delle varie cicorielle e ruchette selvatiche, nonché di tanti ortaggi coltivati o che crescono spontaneamente nelle campagne, lungo la costa o nelle aiuole delle zone urbane e peri-urbane.
In alcuni casi si tratta di varietà storiche, spesso legate ad un territorio circoscritto, che nel tempo sono state soppiantate da nuove varietà proposte da aziende sementiere specializzate. In altri si tratta di specie "selvatiche" che in determinati periodi storici hanno rappresentato un'importante fonte di sostentamento alimentare per i nostri avi, ma che attualmente sono considerati per lo più erbe infestati dei campi da eliminare con il diserbo.
Perché porre attenzione su tali prodotti? Perché apportano sapori e profumi nuovi, consentendo di ampliare gli orizzonti di una cucina spesso succube dell'oramai standardizzato mercato agroalimentare. Perché spesso possiedono peculiari caratteristiche nutrizionali, superiori o addirittura non riscontrabili nei comuni ortaggi commercializzati. Perché rappresentano un'importante fonte di biodiversità da salvaguardare sia per aspetti puramente genetici, sia per la tutela dell'identità storico-culturale che caratterizza la nostra tradizione alimentare.
In quest'ottica, il gruppo di ricerca dell'Istituto di Scienze delle Produzione Alimentari del CNR di Bari ha intrapreso una serie di attività finalizzate, ad esempio, allo studio delle caratteristiche nutrizionali degli ortaggi tipici pugliesi e delle piante spontanee, alla messa a punto di tecniche per migliorarne la qualità, alla loro valorizzazione mediante la realizzazione di nuovi prodotti alimentari.
Con il nostro lavoro quindi, oltre a fornire un contributo alla comunità scientifica del settore, ci rivolgiamo ad un pubblico quanto più vasto ed eterogeneo possibile per diffondere le peculiarità e le potenzialità di questi "ortaggi mancini", gustosi al palato, versatili in cucina e preziosi per la nostra salute .
Per saperne di più:
http://www.ortaggipugliesi.it/filearchive/ed9e81eb739aa72e6344c6b8968adb15.pdf
http://dx.doi.org/10.1016/j.ijgfs.2013.06.004
http://www.ortaggipugliesi.it/filearchive/517537ccd887e2db4f110e65ef5b9db1.pdf
http://www.ortaggipugliesi.it/index.php?italiano
http://noria.ba.cnr.it/index.php?italiano
Photo credits: Angelo Signore
Un convivio delle conoscenze: le ricerche che nutrono la quotidianita'
Scritto da Nunzia Diamo avvio a questa avventura con cucinaMancina per farvi conoscere il nostro impegno scientifico nell'assicurare qualità e sicurezza dei prodotti che utilizziamo nella nostra quotidianità familiare e sociale. Vogliamo contribuire a creare maggiore consapevolezza in scelte alimentari sane e salutari, sostenute dal vigore scientifico che contraddistingue le ricerche dell'Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari – ISPA - del CNR.
Abbiamo scelto esempi di produzioni tipiche e prodotti della nostra cultura alimentare che stiamo valorizzando, migliorandone la qualità, la genuinità, la capacità di nutrire e far bene alla salute.
Per questo, ogni mese vi parleremo di una storia particolare, i cui protagonisti sono la nostra terra con alcuni suoi antichi prodotti, i nostri giovani con la loro curiosità, i nostri esperti con la rete di conoscenze e progetti internazionali.
Buona scoperta alimentare!