LA SOCIAL DINNER BUONA, PULITA E GIUSTA

Buono, pulito e giusto.

Più che il motto, è il mantra di Slow Food. Ma anche di tutti i suoi tesserati, dei suoi sostenitori, degli studenti dell'Università di Scienze Gastronomiche, o di chi semplicemente crede in un futuro migliore per noi e per il cibo: "siamo quel che mangiamo" non suona mica come una novità, vero?
E per crederci sul serio, non c'è (solo) bisogno di eventi di portata mondiale, di convention, conferenze e cerimonie: basta sedersi tutti intorno alla stessa tavola
. Un po' con lo stesso spirito è nata, 11 anni fa, l'Università di Pollenzo, proprio per porsi come punto d'incontro per persone provenienti da ogni parte del mondo, animate dallo stesso fervente interesse,  e aprire le loro menti alla visione olistica della gastronomia. Sembra complicato, ma davvero, non lo è per niente: una bottiglia di Nebbiolo o Dolcetto (che qui in Langa non si scherza mica!) e un piatto fumante sono sufficienti per fare comunità. E  non un piatto fumante qualunque: se state pensando agli studenti di Pollenzo come i classici universitari fuorisede che tirano avanti a suon di surgelati e scatolette, vi sbagliate di grosso!
Un esempio è la mia social dinner del 13 febbraio 
che, oltre a essere composta da ingredienti 100% bio acquistati tramite il GAS (Gruppo d'Acquisto Solidale) locale, sarà anche vegana

Andare contro lo stereotipo del "Vegano? E che mangi, erba?" è una delle mie battaglie principali, non proprio per interesse personale, ma perché rispetto le scelte alimentari di tutti. Frequentare un corso accademico in cui, in quanto italiana, sono in netta minoranza, mi ha fatto un attimo scendere dal mio piedistallo etnocentrico per osservare e capire che il paradigma alimentare non è solo pasta, pizza e olio d'oliva.  Per non parlare poi delle differenze culturali in senso lato, ma questa è un'altra storia. In ballo non c'è solo una questione di cibo etnico e latitudine (mica facile!), ma una questione di gusti, di scelte etiche e non, di stili di vita.
Ed è proprio per dimostrare che nessuno, davvero nessuno bruca, che ho deciso di mettere insieme vegani, carnivori e onnivori a tavola
.  L'unica prerogativa: evitare di cucinare alimenti sostitutivi come seitan, tempeh e tofu, e spaziare invece per la grande biodiversità di prodotti naturali, facilmente reperibili e poco misteriosi anche per chi vegano non è; dalle verdure ai cereali, passando per le spezie, c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Il mio obiettivo? No, non è convertire i miei commensali alla dieta vegana, ma strappar loro un sorrisetto mentre sono intenti a leccare la punta del cucchiaio, o a fare la scarpetta nel piatto con il mio pane fatto in casa, ovviamente con farina locale biologica e pasta madre.

Insomma, una cena buona per il palato, buona per la comunità, ma soprattutto buona per la causa: il 75% del ricavato andrà devoluto al progetto Slow Food 10.000 orti in Africa,
che da tempo si impegna a costruire orti in villaggi e scuole africane e a far sì che anche lì si diffonda l'idea di un futuro migliore, partendo dal cibo.
Più social dinner di così!

Photo credits
Ellie LoNardo
United Nations Photo

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Autori

Francesca Mastrovito
redattore

Francesca Mastrovito

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Sono una convinta gastro-garibaldina. Credo nel potere unificatore e terapeutico del cibo, e lo applico parlando, scrivendo, cucinando, impastando, curiosando. Da qualche tempo a... [continua a leggere]